Quattro regole sulla via della guarigione

Eric Fromm (1900-1980) è stato un importante scrittore, psicologo, psicoanalista, sociologo, storico, filosofo e accademico tedesco. In un suo lavoro egli rilevava che diversi grandi saggi dell’umanità concordano nel dire che il nostro carattere e il nostro modo di intendere la vita possono mutare solo se sussistono quattro precise condizioni. Elenchiamole, dunque, e confrontiamole con quanto ci insegna il messaggio di Cristo:

1. Diventare consapevoli dello stato di disagio e sofferenza in cui versiamo.

E difatti Gesù dice: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Matteo 9:12), e ancora: «Venite a me voi tutti che siete travagliati e aggravati, e io vi darò riposo» (Matteo 11:28). Finché non ammettiamo il nostro malessere, non ci rendiamo conto del nostro stato, oppure lo copriamo con inutili palliativi, o cerchiamo di giustificaci dando sempre la colpa ad altro o ad altri, o addirittura ci vantiamo di ciò che siamo mentre siamo lontani da Dio… ebbene, allora non abbiamo speranza neppure di iniziare la cura interiore che il Signore ci offre.

2. Riconoscere l’origine del nostro male.

Questa origine, secondo le Sacre Scritture, è chiarissima: il peccato, definito come «la violazione della legge di Dio» (Prima lettera di Giovanni 3:4 – e la stessa etimologia del termine ci rimanda al significato di “infrazione di una regola stabilita”). Peccato è una parola oggi assai fuori moda, quasi ridicola per i più, ma proprio per questo la realtà che essa rappresenta è ancora più subdola e tristemente efficace. Gesù è «l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» (Giovanni 1:29), ma per chi non è davvero consapevole del proprio male e/o non ne conosce l’origine, non c’è cura: non si può guarire, infatti, da una malattia di cui non ci si accorge, o che si sottovaluta, o della quale non si sa la causa.

3. Ammettere che esiste un modo per superare il malessere.

Dunque non cadere nel fatalismo, nella rassegnazione, nella disperazione, e accettare la soluzione necessaria senza pretendere di curarsi da sé, scartando l’aiuto insostituibile del Signore! Il termine Vangelo significa “buona notizia”: se da un lato, infatti, c’è la malattia, dall’altro esiste anche la giusta e infallibile medicina! Come si diceva, però, dobbiamo avere fiducia in quella medicina e quindi dobbiamo assumerla: «Chi crede nel Figlio di Dio ha la vita eterna» (Giovanni 3:36), e ancora: «Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato» (Marco 16:16).

4. Accettare l’idea che, per venirne fuori, dobbiamo far nostre certe norme di vita e mutare modo di vivere.

Il termine comunemente usato nel Nuovo Testamento  per esprimere il concetto e la realtà del ravvedimento (ammettere i propri peccati) e della conversione (radicale mutamento nel modo di pensare, giudicare, sentire) è metànoia (es. Luca 3:8, Atti degli Apostoli 20:21), che letteralmente significa “trasformazione della mente”. Un cambiamento di prospettive così profondo implica necessariamente una variazione nei modi di pensare e di agire. Come scrisse l’apostolo Paolo ai cristiani della città di Colosse (ma lo stesso vale per chiunque oggi diventi cristiano: «Vi siete spogliati dell’uomo vecchio con i suoi atti e vi siete rivestiti dell’uomo nuovo, che si va rinnovando nelle conoscenza ad immagine di Colui che l’ha creato» (Colossesi 3:9-10).

Belle e giuste le quattro regole rilevate da Eric Fromm nel corso dei suoi studi. Ma è ancora più bello sapere che Dio le ha conosciute da sempre, e che ce le ha dette e spiegate prima e meglio di Fromm, prima e meglio di chiunque altro.

Valerio Marchi

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