È frequente sentire, in questo periodo di pandemia, domande di questo tipo: «Perché Dio ha permesso la pandemia? Perché non la ferma? Perché non ha evitato e non evita tante morti e tante sofferenze?». Si apre, in questo modo, un tema che in realtà ha origini remote e universali: se Dio è onnipotente e buono, perché esiste il male? Basti pensare all’antico libro biblico di Giobbe, oppure ad Agostino d’Ippona, o ancora, in secoli più recenti, a pensatori quali Pascal, Bayle, Leibniz, Voltaire, Bonhoeffer e Jonas… e con questi nomi abbiamo citato solo un esiguo numero delle numerose menti illustri che hanno dibattuto sul complesso rapporto tra la giustizia di Dio e la presenza del Male nel mondo. Fin da tempi lontani, infatti, si è sviluppato un ambito di riflessione e studio chiamato “teodicea”, che ragiona sul male in rapporto alla giustificazione della divinità e del suo operato e mira ad una «giustificazione di Dio» rispetto al problema della sussistenza del male nel mondo e del libero arbitrio umano. Ora, essendo impossibile approfondire l’argomento in questa sede, proponiamo solo uno spunto. Ragioniamo.
Il Dio che molti vorrebbero, per poter credere in Lui, è quello che, ad esempio, ci evita l’epidemia da Covid; a questo punto, però, Egli avrebbe anche dovuto, da sempre, evitarci ogni altra epidemia, ogni malattia (non scordiamo che nel mondo si muore sì di Covid, ma molto di più per altre patologie) e poi ogni guerra, ogni genocidio, ogni calamità naturale, ogni ingiustizia, ogni violenza, ogni incidente, ogni povertà,… Insomma, per essere “giusto” Dio dovrebbe garantirci un mondo “perfetto” (ma forse sarebbe meglio dire “robotico”, privo di libero arbitrio e di leggi naturali) nel quale vivere sempre in piena salute e senza mai subire tragedie personali o collettive: un mondo in cui nessun malvagio abiterebbe la terra (o, se ci fosse, verrebbe sistematicamente e immediatamente arginato nei suoi cattivi impulsi, prima che possa compiere qualche cattiva azione), ogni automobile e ogni tegola sarebbero fermate prima di colpirci, ogni terremoto distruttivo sarebbe trattenuto nelle viscere della terra, ogni valanga bloccata prima di causare vittime, e così via.
Per comprendere la nostra realtà esistenziale e quotidiana valgono a mio parere più d’ogni altra cosa le Sacre Scritture. Da esse infatti può nascere la fede in Cristo, il quale, per farci conoscere Dio, ha affrontato il suo passaggio terreno anche fra dolori, contraddizioni e tormenti, fino alla morte in croce: egli stesso ne parlò come di un “parto” doloroso che produce tuttavia, per chi ne segue le orme, vita e gioia eterne.
«La donna, quando partorisce, prova dolore, perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino non si ricorda più l’angoscia, per la gioia che sia venuta al mondo una creatura umana. Così anche voi siete ora nel dolore; ma io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia» (Vangelo di Giovanni 16:21-22).
Dio, facendosi uomo e partecipando della nostra condizione terrena per darci aiuto, conforto, speranza e una prospettiva eterna (ma non in questo mondo, che non è la nostra dimora definitiva!), ci chiede di fidarci, di dargli credito, di attendere il giorno in cui Dio «giudicherà il mondo con giustizia» (Atti degli Apostoli 17:31) e ogni dolore scomparirà.
«Noi sappiamo che tutto il mondo creato geme ed è in travaglio», scrisse l’apostolo Paolo, però «tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio» (Lettera ai Romani 8:22.28). Siamo liberi, e quello che possiamo fare è conoscere Dio tramite le Sacre Scritture, cambiare le nostre vite in meglio secondo la sua Parola, affidarci a Lui, credere e diffondere il Vangelo fino al giorno in cui «Dio asciugherà ogni lacrima» e «non ci sarà più la morte, né cordoglio né grido né fatica». Il male in tutte le sue forme c’è sempre stato in questo mondo lontano da Dio, carico di peccato. Ma noi possiamo tornare alla promessa di Gesù: «Chi crede in me ha vita eterna» (Vangelo di Giovanni 6:47). Il Signore è buono e onnipotente. Basta aspettare i suoi tempi e modi!
Valerio Marchi