D: Ho notato che le versioni cattoliche della Bibbia contengono nell’Antico testamento alcuni libri che altre traduzioni non cattoliche non contengono. Inoltre, la questione del canone biblico non mi è molto chiara. Qual è la vostra posizione in merito? Grazie. (A.N.)
Il termine “canone” (dal greco kanòn, “canna”, “verga”, “misura”, “regola”) designa la lista dei libri che i cristiani considerano ispirati da Dio e normativi nell’ambito della propria fede. Per i non cattolici il canone della Bibbia comprende 66 libri (39 per l’Antico Testamento e 27 per il Nuovo Testamento), mentre i cattolici ne considerano 73 (46 per l’Antico Testamento e 27 per il Nuovo Testamento; la scelta di inserirne sette in più è stata ufficialmente e inopinatamente presa nel 1546, durante il concilio di Trento). L’idea più comune, tra i non specialisti, è che tale lista sia stata compilata dalle autorità della Chiesa. Questa idea non è corretta sia perché nei primi secoli d.C. non esisteva alcuna struttura in grado di compilare la lista per tutti, sia perché – secondo la Bibbia stessa (2Timoteo 3:16-17) – il testo ispirato viene da Dio e non dagli uomini, i quali non hanno fatto altro che prendere atto di un siffatto intervento divino. Se è vero che le origini del canone non sono ben note, è altrettanto vero che possiamo ricostruire in modo sufficiente il processo storico che ha portato alla sua formazione. In proposito il cristiano secondo il Nuovo Testamento ritiene che alcuni problemi siano ancora aperti, mentre altri risultano definitivamente chiusi. Tra i problemi aperti abbiamo la successione dei vari libri, i criteri usati per stabilire la canonicità e l’importanza degli eretici nel promuovere il processo della messa in canone. Tra i problemi chiusi sono invece da ricordare: il canone non è più aperto, ma definitivamente delimitato (intorno al 100 d.C., con la redazione degli scritti dell’apostolo Giovanni); non esistono, inoltre, libri “più ispirati”, “più canonici” , diciamo così, di altri, perché tutti i testi del Nuovo Testamento (come, del resto, quelli dell’Antico Testamento) provengono da Dio e sono – in un modo o nell’altro – indispensabili per la fede.
Quanto ai criteri impiegati per prendere atto dell’ispirazione divina di uno scritto, sembra che i primi cristiani abbiano privilegiato il principio dell’apostolicità degli scritti (che dovevano essere stati redatti da apostoli o da autori in stretto contatto con essi), il criterio del consenso delle chiese (cioè il fatto che gli scritti fossero stati accolti e letti durante il culto delle Chiese), il criterio della conformità all’inse-gnamento apostolico (cioè vennero privilegiati quei libri che risultavano in armonia con la tradizione orale apostolica, ancora viva e ben presente nelle comunità cristiane degli inizi). Mentre il canone dell’AnticoTestamento crebbe all’interno del popolo ebraico e si precisò in epoca pre-cristiana, il canone del Nuovo Testamento è indissolubilmente legato alla storia della Chiesa di Cristo dei primi tre secoli. Il riconoscimento dell’ispirazione dei libri del Nuovo Testamento fu l’esito di un processo lento e graduale, nel corso del quale taluni scritti considerati normativi furono distinti da altri. Esso si può ricostruire nel modo seguente, facendo perno su cinque punti principali.
1) L’autorità dell’Antico Testamento –Le Chiese dell’epoca neotestamentaria ebbero fin dal principio un canone di libri sacri, ossia le Scritture ebraiche, ritenute ispirate da Dio (2Timoteo 3:16-17; 2Pietro 1:20-21): questo fu il pensiero del Signore Gesù e dei primi cristiani (numerosissimi esempi nel Nuovo Testamento).
2) L’autorità di Gesù –Nelle Chiese neotestamentarie le parole di Gesù, trasmesse dalla tradizione orale e poi dalla tradizione scritta, ebbero valore assoluto. Il Signore aveva rivendicato la propria autorità accanto a quella delle Scritture ebraiche, per completarle, correggerle e revocarle (vedi Marco 10:2 per il divorzio, Marco 7:14-19 per i cibi impuri, Matteo 5:21-48 per le cosiddette “antitesi” del discorso della montagna:”Voi avete udito che fu detto agli antichi. ma io ora vi dico”). Le parole del Signore Gesù, gelosamente custodite, rispettate e citate, presero, nel cuore dei cristiani, il loro posto accanto alle Scritture ebraiche. 3) L’autorità apostolica –Parallelamente alla circolazione orale delle parole di Gesù, cominciarono a farsi spazio gli insegnamenti apostolici riguardo alla vita e al messaggio del Maestro. Gli apostoli, sulla scorta delle parole del Signore e della guida dello Spirito Santo, cominciarono a trasmettere dappertutto precetti e direttive. È ovvio che tali lettere fossero conservate gelosamente e fatte girare nella cristianità: si veda il caso delle epistole paoline, che circolarono già durante la sua vita (Colossesi 4:6; Galati 1:2; 1Tessalonicesi 5:27; 2Pietro 3:15). 4) Gli scritti apostolici –Nel corso del primo secolo gli scritti apostolici assunsero un rilievo assoluto (autorità apostolica) per i cristiani quanto alle questioni di fede e di dottrina, e furono perciò staccati dal resto della produzione contemporanea. 5) Il Signore e gli apostoli –Accanto alle Scritture ebraiche, già consolidate in canone, furono gradualmente poste dai primi credenti sia le parole orali del Signore, sia le interpretazioni e le applicazioni pratiche della Sua Parola redatte da apostoli o da persone vicine agli apostoli.
In conclusione, la storia del canone del Nuovo Testamento è la storia di un processo lungo e continuo, e non di una serie di eventi sporadici. Fu un lavoro di raccolta, vaglio e rigetto in base ai principi già esposti. Ribadiamo, ancora una volta, che non fu il risultato di un decreto pronunciato da un individuo o da una Chiesa o da un concilio. In tal senso il primo decreto ufficiale risale al concilio di Trento. Ma questa è un’altra storia, soprattutto un’altra storia di un’altra Chiesa (la Chiesa cattolico-romana) rispetto a quella del Nuovo Testamento.