Chi non si è mai posto la domanda: che senso ha la mia esistenza?
Nel momento in cui riusciamo ad estraniarci da questa vita caotica per fermarci un momento a
riflettere sul nostro passato e su quanto può attenderci in un ipotetico futuro, se siamo razionali e
onesti con noi stessi ricordiamo successi e insuccessi, gioie e sofferenze, momenti felici e tristi, ma
soprattutto il continuo desiderio di sapere, il bisogno di conoscere la verità in un mondo nel quale
domina la menzogna: e allora troveremo una risposta. O meglio, una non-risposta….
Proprio così, una non risposta, perché se ci limitiamo a guardare la vita sotto un aspetto
immediato, materiale, naturale, tutto il nostro esistere, faticare, lavorare, stancarsi, divertirsi un
po’ per soffrire molto, giorno dopo giorno, anno dopo anno, non ha senso.
«La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra dolore e noia, passando
attraverso l’intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia»: diceva così un celebre
filosofo dell’Ottocento, Arthur Schopenhauer.
Certo che un pensiero del genere non mette sicuramente allegria, ma se andiamo indietro di
molti secoli troviamo che un re di nome Salomone ci lasciò scritto nella Bibbia, nell’Antico
Testamento, qualcosa che nella sua cruda realtà può sembrare ancora più deprimente:
«Vanità delle vanità, tutto è vanità. Che vantaggio ha l’uomo da tutta la sua fatica in cui si
affatica sotto il sole?” (Ecclesiaste 1:2). L’autore biblico praticamente ci sta dicendo che anche i
momenti di gioia sono fugaci e alla fin fine lasciano dentro di noi un ricordo sempre più sbiadito.
Nel mondo impera un sistema malato che ci sfrutta, facendoci credere che se compreremo
una determinata marca di merendine avremo una famiglia perfetta e saremo belli e felici ogni
mattina, un mondo in cui siamo spinti ad indebitarci, in comode rate, per comprare macchine
nuove per il presunto bene del pianeta: così veniamo illusi che tutto diventerà più bello, che
potremo sentirci finalmente realizzati, apparendo ricchi e gioiosi agli occhi di chi ci guarda, mentre
giocando con le nostre insicurezze qualcuno prova a convincerci, mostrandoci stereotipi
irraggiungibili, che usando un certo profumo diventeremo affascinanti e irresistibili…
Ebbene, in questo marasma ci dimentichiamo, ignoriamo e non teniamo in considerazione il
signore Dio onnipotente e creatore di ogni cosa. Non pensiamo più all’Unico che è stato fin dall’inizio e
continua ad essere veramente sincero con tutti, facendo ogni cosa per il nostro bene e
desiderando guidarci con i suoi comandamenti, che sono consigli sinceri e utili per tutti noi.
Perdiamo la nostra salute per guadagnare soldi, dopodiché spendiamo soldi per recuperare la
salute. Siamo annoiati nella nostra infanzia e non vediamo l’ora di crescere ma una volta cresciuti
vorremo tornare bambini… Che senso ha tutto questo?
«È meglio andare in una casa dove c’è lutto, che andare in una casa dove si fa festa, perché
quella è la fine di ogni uomo, e chi vive vi porrà mente» (Qohelet 7:2).
Sembra troppo pessimista? Frustrato? Fanatico?
Forse, può essere, ma vorrei invitare il lettore a fermarsi un attimo, a riflettere e ad astrarsi da
tutto ciò che lo circonda per ascoltare la propria coscienza, quella coscienza che Dio ci ha dato ma
che troppo spesso ignoriamo, quella coscienza che possiamo e dobbiamo alimentare attraverso la Parola di Dio, il Verbo che finalmente aprirà i nostri occhi e ci farà distinguere pienamente il bene
del male, ciò che è giusto da ciò che non lo è. Questo mondo non potrà mai darci la vera gioia e
pace, che possiamo trovare sicuramente solo in Dio.
«Ascoltiamo dunque la conclusione di tutto il discorso: Temi DIO e osserva i suoi
comandamenti, perché questo è il tutto dell’uomo. Poiché DIO farà venire in giudizio ogni opera,
anche tutto ciò che è nascosto, sia bene o male» (Qohelet 12:13).
Remo Molaro