La venerazione dei santi, sviluppatasi nel corso dei secoli dopo Cristo, non esisteva al tempo di Gesù e neppure nei primi secoli d.C.: si tratta, infatti, di uno sviluppo della teologia e della tradizione cattolica che non ha nulla a che fare con il Nuovo Testamento.
Nel suo prezioso libretto L’inizio dell’era Cristiana. Una ricchezza perduta, l’illustre biblista Luigi Moraldi scrisse: «La fede cristiana dei primordi, interrogata seriamente, è in ogni generazione fonte di rinnovamento e di vita». Ebbene, nella fede dei primordi, nel Nuovo Testamento, non esiste l’idea che qualcuno, dichiarato dagli uomini “beato” o “santo”, possa intervenire dall’Aldilà nel mondo dei vivi o addirittura mediare tra Dio e gli uomini: solo a Dio spetta il giudizio sugli esseri umani, solo Lui «renderà a ciascuno secondo le sue opere», dichiarandoli salvati o meno (Lettera ai Romani 2:6), e l’unico mediatore fra Dio e gli uomini è Gesù Cristo (1ª Lettera a Timoteo 2:5-6).
Certo, se scorriamo i Vangeli, le lettere apostoliche e gli altri scritti neotestamentari incontriamo numerosissime volte termini quali “santo/i, santificato/i, santificare, santificazione”, ma sempre per indicare i credenti in Cristo ancora presenti su questa terra. Biblicamente, infatti, essere “santo” significa essere “separato”, nel senso di dedicato a vivere una vita retta e pura per seguire il Signore: e si tratta di una richiesta che Dio fa ad ogni cristiano, nessuno escluso. Per rendere l’idea, il termine “cristiano/i” ricorre solo tre volte nel Nuovo Testamento, mentre “santo/i”, o “santificato/i” è uno dei modi più comuni per indicare chi accoglie la Parola di Cristo e la pratica.
Per porgere qualche esempio, ecco l’inizio di due lettere dell’apostolo Paolo, che costantemente chiedeva ai cristiani di compiere la loro «santificazione nel timore di Dio» (2ª Lettera ai Corinzi 7:1): «Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, ai santi che sono in Efeso e fedeli in Cristo Gesù» (Lettera agli Efesini 1:1-2); «A voi tutti che siete in Roma, amati da Dio, chiamati santi» (Lettera ai Romani 1:7). L’apostolo Pietro, poi, scriveva così ai fedeli: «Come Dio che vi ha chiamati è santo, voi pure siate santi in tutta la vostra condotta» (1ª Lettera di Pietro 1:15). Infine, secondo l’Apocalisse di Giovanni (5:8) con «preghiere dei santi» si intendono quelle dei credenti che da qui si rivolgono al Signore, al “Padre nostro nei cieli” (Vangelo di Matteo 6:9).
Rivolgendosi al Padre in preghiera a pro dei suoi discepoli, Gesù disse: «Santificali nella tua verità; la tua parola è verità» (Vangelo di Giovanni 17:17). Santificarci significa conoscere la Parola di Dio, credere in essa e purificarsi conformandosi ai voleri del Signore, modellando la nostra vita sul suo insegnamento e sul suo esempio (i veri discepoli, infatti, vivono nel mondo ma non sono del mondo, cioè non si adeguano ai parametri negativi di questo mondo: Vangelo di Giovanni 15:18-19 e 17:14-16).
La nostra santificazione è un’impresa personale entusiasmante e possibile (altrimenti il Signore non ce la richiederebbe), però necessita di fede, costanza e impegno, al punto che Gesù ha avvisato: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono coloro che entrano per essa. Quanto stretta è invece la porta e angusta la via che conduce alla vita!» (Matteo 7:13-14). E lo scrittore sacro Giacomo chiede ai cristiani: «Purificate i vostri cuori!», mentre l’apostolo Paolo ha scritto che il Signore Gesù «ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e purificare per sé un popolo speciale, zelate nelle opere buone» (Lettera a Tito 2:14).
Attenzione: questa “impresa” spirituale è necessaria e va compiuta con l’insostituibile aiuto di Dio, se vogliamo presentarci preparati davanti a Lui nel giorno in cui ci chiamerà: «Ora il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero vostro spirito, anima e corpo siano conservati irreprensibili per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo» (1ª Lettera ai Tessalonicesi 5:23).
Purtroppo, però, le persone ritengono in genere più comodo e facile vivere un po’ come pare loro e poi, eventualmente, richiedere l’intervento, diciamo anche la “raccomandazione” e l’aiutino di qualche nostro simile che – ci si illude – potrà intervenire a nostro favore… Ma non è così.
Valerio Marchi