Per molti lettori la domanda del titolo potrebbe suonare strana e fuori luogo. Siamo cresciuti infatti in una società in cui si è definiti cristiani praticamente dal momento della nascita ed è impensabile l’idea che sia necessario fare qualcosa per diventarlo. Eppure negli episodi narrati nel Nuovo Testamento notiamo che il cristianesimo era una scelta consapevole, perché era fatta da persone adulte dopo che avevano ascoltato il messaggio del Vangelo.
«Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato», dice Gesù alla fine del Vangelo di Marco. Nel I secolo, infatti, si diventava cristiani dopo un percorso di conversione, fatto di ascolto, di presa di coscienza del proprio stato di peccatore, e di pentimento, che culminava nel battesimo. Quest’ultimo, fatto per immersione nell’acqua, è un atto esteriore e “tangibile”, ma che racchiude in sé un profondo senso spirituale, legato alla rinascita interiore di chi ha deciso di lasciarsi alle spalle le cattive abitudini della vita precedente all’incontro con Cristo e praticare le virtù che egli ha insegnato e trasmesso con l’esempio.
Ci troviamo quindi in due mondi molto distanti: da un lato quello del I secolo d.C. narrato nel Nuovo Testamento, e dal lato opposto il tempo presente nel nostro Paese, in cui sentirsi dire da una persona «mi sono convertito/a a Cristo» può addirittura generare dubbi sul suo stato di salute mentale. E allora, per capire se c’è qualcosa che dobbiamo fare, ritorniamo indietro su quanto accaduto all’origine e domandiamoci:
perché Cristo è disceso tra gli uomini, è morto ed è risorto?
La risposta è nota a tutti: «per salvarci dai nostri peccati». Egli è chiamato infatti anche il Salvatore e lo sanno tutti, anche i bambini. Ma bisogna andare più a fondo delle nozioni e cercare di cogliere il senso di tale azione di salvezza. In molti pensano che sia stato fatto tutto, che «è tutto a posto» e che basta far scorrere spontaneamente la propria esistenza, senza che vi sia la necessità di azioni concrete verso chi ci ha salvato: tutto gratis e senza impegno! Ma questo, oltre a essere “troppo comodo”, sarebbe senza senso.
È come se una persona affetta da un male incurabile venisse a sapere che è stato scoperto il suo farmaco salvavita e non si preoccupasse di prenderlo né, tantomeno, di cambiare lo stile di vita legato all’assunzione del farmaco, come ad esempio richiederebbe un nuovo, necessario regime alimentare.
Negli episodi narrati nel Nuovo Testamento chi veniva a conoscenza del messaggio del Vangelo, come riportato nel sottotitolo, poneva la domanda: cosa devo fare per essere salvato? Abbiamo già visto la risposta: convertiti a Cristo! A questo punto è importante sapere se il percorso di conversione a Cristo vada fatto anche ai nostri giorni, oppure se i tempi sono cambiati e si può arrivare alla vita eterna anche attraverso altre strade. Crediamo ancora a quanto affermato da Gesù Cristo circa la sua “unicità”?
«Io sono la Via, la Verità e la Vita, nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Vangelo di Giovanni 14,12): queste sue non sono solo belle parole poetiche da scrivere a caratteri cubitali negli edifici di culto, ma sono la rivelazione del significato profondo della sua essenza e del nostro cammino di salvezza. Se si crede veramente che Cristo è la sola via per la salvezza e per la conoscenza della verità ed è l’unico mediatore tra noi e Dio Padre, significa che lo si vuole conoscere attraverso l’unica fonte attendibile, cioè quella dei Vangeli e dell’intero Nuovo Testamento: «Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona» (II Lettera di Paolo apostolo a Timoteo 3,16).
Inoltre in diversi libri del Nuovo Testamento viene specificato che quanto è stato scritto riguardo ai fatti e, soprattutto, agli insegnamenti e comandamenti di Dio (gli unici che possano generare in noi la vera fede) è destinato a rimanere immutato per sempre, perché Dio non cambia idea e tantomeno “aggiusta il tiro” con il passare dei secoli: «Carissimi, avevo un gran desiderio di scrivervi riguardo alla nostra salvezza, ma sono stato costretto a farlo per esortarvi a combattere per la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte» (Lettera di Giuda 2 – ricordo che questo autore sacro, Giuda, è ovviamente persona diversa rispetto al traditore di Gesù).
Ebbene, se è solo la Parola di Dio a darci le indicazioni, i comandamenti e quant’altro serve ad ognuno di noi per capire come stanno veramente le cose nella religione cristiana, è doveroso accostarsi ad essa con molta semplicità ma con altrettanta serietà. Leggendola rimarremo stupiti di molte cose, tra cui la profondità dei contenuti, la narrazione di molti fatti a noi prima sconosciuti, fino alla conoscenza della volontà di Dio rivelata agli uomini, e del nostro destino dopo questa vita.
Impareremo che non è sufficiente vivere la nostra vita “spontaneamente” per essere cristiani, ma che dobbiamo fare qualcosa di concreto: imitare e ubbidire, perché definirsi “cristiano” (ovvero discepolo di Cristo) implica vivere secondo il modello di vita di Gesù e secondo la sua Parola.
Impareremo come preparare i nostri cuori all’incontro con Dio, a guardarci dentro e a scoprire che qualcosa dentro di noi va conservato e qualcosa va cambiato, proprio perché la conversione implica un cambiamento di rotta nella nostra vita. E impareremo soprattutto a confidare in Cristo, che sarà sempre con noi in ogni istante di questa vita e ci attenderà a braccia aperte in quella che verrà. Ecco la promessa di Gesù per chi lo vuole amare e seguire veramente: «Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente» (Matteo 28,20).
Andrea Miola