Tutti avranno visto almeno qualche immagine (decorazioni scultoree o pittoriche, molto in voga anche per l’arredamento) di cherubini riprodotti come puttini, ossia fanciullini: piccoli, teneri e paffuti bimbi riccioluti, con graziose alucce, così diffusi e celebri da aver fatto aggiungere al termine cherubino il significato – rinvenibile in qualunque dizionario – di «persona, spec. bambino o fanciulla, di delicata bellezza»; parallelamente, l’espressione testa da cherubino sta a significare, nel linguaggio comune, «dai capelli biondi e ricciuti» (Zingarelli 2004).
Niente di più diverso, però, rispetto ai cherubini della Bibbia, che sono creature soprannaturali assimilabili agli angeli e parte di quegli «esseri viventi» celesti di cui si parla in passi come Ezechiele 1:5-21 o Apocalisse 4:6-11: si tratta di entità composite, ibride, se vogliamo anche sconcertanti e impressionanti, e – per quanto si riesca a capire – consistenti in una varietà di tipologie che, in qualche modo, sembrano anche rappresentare l’intera Creazione (si parla infatti di «quattro esseri viventi» sia in Ezechiele 1:5 che in Apocalisse 4:6, e il numero quattro sta simbolicamente per il mondo, i «quattro angoli della terra»: Apocalisse 7:1, 20:8), oltre che, come si vedrà fra poco, rimandare al mondo assolutamente sovrumano di Dio.
Mentre non sappiamo quante facce avessero i cherubini associati all’Arca del Patto e nel Tempio nel culto veterotestamentario (forse una, ma non è detto: Esodo 25:17-22; 1Re 6:24-29; cfr. Ebrei 9:5), quelli del nuovo Tempio ideale mostrato in visione al profeta Ezechiele ne hanno senz’altro due, quelli di un’altra visione del medesimo profeta addirittura quattro, mentre ne hanno una quelli posti in mezzo e intorno al trono di Dio. La natura di tali facce è varia (umana, bovina, leonina, aquilina, o «di cherubino»), mentre il corpo è talvolta bipede e altre volte quadrupede. Si parla poi anche di quattro grandi rumorose ali, o di sei ali, e ancora di piante dei piedi come quelle di vitelli e come di «bronzo lucidato», di «mani d’uomo», di «gambe diritte», e di un aspetto complessivo come di «carboni» e «fiaccole», simili al fulmine nella loro corsa e completamente ricoperti di «occhi tutt’intorno» (si veda per tutti questi elementi il libro di Ezechiele 9:3 e 41:18-20, ma soprattutto gli interi capitoli 1 e 10, oltre che 2Cr 3:10-13 e Apocalisse 4:6-8).
Sempre strettamente connessi alla Divinità, alla sua Santità e Potenza (che essi continuamente glorificano: Apocalisse 4:6-11, 7:11) e alla sua Rivelazione (Numeri 7:89; 1Samuele 4:4; 2Samuele 6:2; 2Re 19:15; Salmi 80:1, 99:1; Isaia 37:16), i cherubini, oltre che guardiani armati (Genesi 3:24; Ezechiele 28:14; cfr. Numeri 21:23; Giosuè 5:13), partecipano in modo fulmineo al continuo movimento dell’Eterno (2Samuele 22:10-11; Salmo 18:9-10; Ezechiele 1:14, 10:15-19, 11:22-24), del suo «carro», nei pressi del «trono» posto di fronte ad uno scenario simile ad «un mare di vetro simile a cristallo » (Salmo 104:1-4; Ezechiele 1:16.26, 10:1; Apocalisse 4:6, 5:6) e sotto «firmamento simile al colore di un maestoso cristallo» (Ezechiele 1:22).
Insomma, pur nella ovvia impossibilità, per la Sacra Scrittura, di spiegarci in termini umani aspetti di realtà assolutamente trascendenti come queste («i cieli si aprirono ed ebbi visioni da parte di Dio», dice Ezechiele 1:1; vedi anche Apocalisse 4:1), il linguaggio usato, le visioni e i simboli comunicati da Dio ai profeti ci portano ancora una volta in tutt’altra direzione, altezza e profondità rispetto alla sdolcinata, caramellosa (e, molto spesso, anche commerciale) visione degli uomini.