Il vero culto a Dio

E’ opinione comune e diffusa credere che la Chiesa sia la dimora terrena di Dio e che si debba pregare solo in tale luogo. In realtà, la parola Chiesa deriva dal greco ekklesìa, la cui traduzione non è tempio e nemmeno edificio religioso, bensì insieme di persone, comunità di persone.

Il dove adorare Dio non è assolutamente importante perché la Bibbia – che è la Parola del Signore – ci insegna che l’unica cosa fondamentale è adorare (pregare Dio), ma a condizione di avere il giusto atteggiamento interiore e il sincero proposito di prestargli un culto nei modi da Lui voluti.

Riguardo al dove trovare Dio, l’apostolo Paolo, divinamente ispirato dallo Spirito Santo, afferma in modo chiaro e inequivocabile che:

“L’Iddio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo il Signore del cielo e della terra, non abita in templi fatti da mano d’uomo” (Atti degli Apostoli 17,24)

Nell’incontro tra Gesù e la donna samaritana nasce un problema: mentre lei desidera sapere dove adorare Dio, Gesù invece le spiega che l’importante non è dove adorare Dio bensì come adorarLo, che deve essere con il proprio cuore (in Spirito), e secondo i Suoi Comandamenti (in Verità):

“Donna, credimi; l’ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvazione viene dai Giudei. Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità; poiché tali sono gli adoratori che il Padre richiede” (Vangelo di Giovanni 4,21-23)

Il rapporto del credente con Dio, non può prescindere dalla retta conoscenza della Sua volontà, la quale ci è stata tramandata una volta per sempre, come dice l’apostolo Giuda al v. 3 della sua omonima lettera. E’ bene ricordare a tale proposito che Dio si sottrae volutamente in maniera totale a qualsiasi tentativo da parte umana di farLo dimorare in un tempio in muratura, anche se fastoso; inoltre, ci vieta categoricamente di rappresentarLo con immagini e sculture, come riportato nelle Sacre Scritture:

“Non avere altri dei nel mio cospetto. Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servire loro” (Libro dell’Esodo 20,3-5)

Le ragioni del divieto di rappresentare Dio con immagini o statue sono sostanzialmente due.

  1. Qualunque immagine sacra disonora Dio e offusca irrimediabilmente la Sua gloria e profana la Sua maestà. Fra tutte le cose create, infatti, non esiste nulla di veramente degno con cui si possa rappresentare l’immagine di Dio che, per farsi conoscere dall’uomo almeno in maniera spirituale, ha inviato sulla terra Cristo, riguardo il quale la Bibbia dice: “In Cristo abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati; il quale è l’immagine dell’invisibile Iddio” (Lettera ai Colossesi 1,14-15)
  2. Le immagini sacre, inoltre, non ci aiutano a trovare Dio ma, al contrario, ci sviano dalla Verità, perché suggeriscono idee sbagliate e riduttive di Dio. Un esempio negativo, tra i tanti che il mondo cattolico propone, è l’adorazione della croce, che impedisce la conoscenza vera e profonda di Cristo in quanto induce nell’uomo una devozione malinconica e sofferente mentre, in realtà, il credente dovrebbe sentirsi felice e sereno sapendo che Cristo non è più inchiodato al crocifisso ma è tuttora risorto e vincitore, ed è capo e guida della Sua Chiesa, che conduce con vigore e amore.

Conclusione

Se uno vuole diventare un Cristiano non deve e non può servirsi di immagini “sacre” né di luoghi “mistici”ma deve adoperarsi per studiare e praticare la Sua volontà; soltanto allora sarà in grado di servire e adorare Dio, in Spirito e Verità, come Lui vuole. La religiosità dell’uomo si deve esprimere nei giusti modi: osservando e praticando i Comandamenti di Dio, ricambiando il Suo amore, come ci insegna il seguente passo:

“Poiché questo è l’amore di Dio, che osserviamo i Suoi comandamenti; ed i Suoi comandamenti non sono gravosi”   (1Lettera di Giovanni 5,3)

Valerio Marchi

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