Buona Pasqua?

Colomba pasquale

Premessa: la Pasqua come comunemente intesa, ovvero festività che ricorre una volta all’anno, nel Nuovo Testamento non esiste. Esiste, certo, il sacrificio di Cristo, «Agnello senza difetto e senza macchia» (1ª Lettera di Pietro 1:19) «Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo» (Vangelo di Giovanni 1:29), sacrificato, morto e risorto per la redenzione di coloro che lo seguono convertendosi a lui, amandolo per quanto ha fatto per noi, ottenendo il perdono dei peccati e potendo così sperare nella vita eterna con Dio (Vangelo di Giovanni 17:1-3): perciò si può dire che «Cristo è la nostra Pasqua» (1ª Lettera ai Corinzi 5:7), ma ciò significa che deve esserlo ogni giorno, per chi davvero crede in Gesù, e si tratta dunque di una realtà del tutto diversa rispetto alla Pasqua come viene comunemente intesa oggi, con rituali stereotipati e, soprattutto, auguri del tutto slegati della comprensione dell’opera di Cristo, mega-spese al supermercato, agnelli al forno, “colombe”, uova di cioccolato e “sorprese”, abbuffate al ristorante e in famiglia, vacanze turistiche, uscite fuori porta, picnic, e avanti di questo passo.

«Perché cercate il vivente tra i morti?» (Vangelo di Luca 24:5): questa, stando al Vangelo di Luca, è la domanda posta da due angeli alle donne che, nel giorno della Resurrezione di Cristo, si recarono al sepolcro senza trovarvi il corpo dell’amato Maestro, e rimanendo sul momento deluse. Al pari degli altri discepoli, infatti, e benché Gesù avesse predetto più volte la propria resurrezione, esse non riuscivano ancora a crederci, e il loro intento era unicamente quello di prendersi amorevolmente cura della salma del Signore. Solo in seguito, di fronte alle evidenze di cui furono testimoni, discepole e discepoli credettero, e la loro vita cambiò radicalmente (Vangelo di Giovanni 20:28; Atti degli Apostoli 1:1ss.). «Perché cercate il vivente tra i morti?»: l’interrogativo è più che mai attuale, e gli angeli aggiunsero subito «Egli non è qui, ma è resuscitato» (Vangelo di Luca 24:6).

Gesù è morto o vivo? Lo cerchiamo – se lo cerchiamo – solo come un grande personaggio storico scomparso (un po’ come se fosse, per citare solo qualche esempio celebre, Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Oscar Romero, Nelson Mandela…), oppure come colui che tuttora vive e che offre, a chi lo segue, una nuova prospettiva di vita qui e poi la vita eterna con Dio? Secondo il Vangelo di Giovanni, infatti, Gesù disse: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me», e ancora: «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna…» (Vangelo di Giovanni 10:13-14, 27-28).

Nondimeno, il cardine della fede in Cristo – la Resurrezione, per l’appunto – trova percentuali molto basse di credenti anche fra chi si dichiara “cristiano”. È tristissimo constatare che, in un Paese come il nostro, così avvezzo a sottolineare (forse meglio: millantare) le proprie “radici cristiane”, la questione se Cristo sia risorto oppure no, e se i morti possano risorgere o meno, solo di rado è vissuta come decisiva: che sia o che non sia, di fatto, ai più poco importa, e la vita procede come sempre, priva di un profondo rinnovamento interiore, collegato a una visuale trascendente.

Già nei decenni successivi alla morte di Gesù, peraltro, vi erano alcuni che si dicevano cristiani pur ritenendo impossibile la resurrezione dai morti, sia quella di Cristo sia di chiunque altro. Dal Nuovo Testamento risulta che costoro divulgavano una dottrina secondo la quale, come sintetizzò l’apostolo Paolo nella 2ª Lettera a Timoteo, la resurrezione era «già avvenuta». Con ciò, probabilmente, intendevano dire che la dottrina e l’esempio di Cristo avevano una valenza unicamente terrena: secondo loro si trattava, in pratica, di un mutamento di idee e di stile di vita, ma senza alcuna aspettativa di un’esistenza successiva a questa. Se così fosse, tuttavia, Gesù non sarebbe colui che ha lasciato il sepolcro vuoto per aprirci la porta dell’immortalità, e l’evento pasquale perderebbe il suo significato.

Come riferiscono i Vangeli di Matteo, Marco e Luca, Gesù apostrofò alcuni sadducei (esponenti delle classi ebraiche altolocate e dirigenti dell’epoca, costituite principalmente di sacerdoti che non credevano nella possibilità di una vita ultraterrena) dicendo loro: «Voi sbagliate, non comprendendo né le Sacre Scritture né la potenza di Dio… Dio non è un Dio di morti, ma di viventi» (basti vedere Vangelo di Matto 22:29). E Paolo, in linea con l’insegnamento di Cristo, scrisse: «Se Cristo non è risuscitato, è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede… Se i morti non resuscitano, mangiamo e beviamo, perché domani morremo» (1ª Lettera ai Corinzi 15:14.32). In effetti, pare che sia proprio questa la preoccupazione prevalente: mangiare e bere, godersi qualche momento di relax e di (vero o presunto che sia) divertimento, senza cogliere il significato della morte-resurrezione di Gesù, senza una vera, concreta speranza.

Valerio Marchi

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