La recente ricorrenza musulmana della Festa del Sacrificio, che celebra un famoso gesto di fede di Abramo, ha avuto eco anche nelle cronache nazionali e locali italiane.
Ricordiamo che la figura di Abramo è centrale per Ebraismo, Cristianesimo e Islam.
Per i cristiani, può essere una buona occasione per riflettere sul fatto che il più delle volte essi sono ignari di ciò che la figura di quel patriarca biblico rappresenta per loro. Al fine di riscoprirlo – e, auguriamoci, per trarne incoraggiamento e desiderio di saperne di più – occorre riferirsi alla Bibbia.
Il primo libro dell’Antico Testamento elenca tre fondamentali promesse rivolte da Dio ad Abramo (Genesi 12:1-3), la cui vita è collocata nel secondo millennio a.C.
Una promessa fu quella secondo cui Abramo e Sara, nonostante l’età avanzata di entrambi e la sterilità della seconda, avrebbero avuto una progenie destinata a diventare un grande popolo. E difatti, seppure dopo una lunga attesa, essi generarono finalmente figli e diedero inizio al popolo d’Israele.
Un’altra promessa, realizzatasi secoli dopo con l’ingresso del popolo d’Israele nella terra di Canaan, si riferiva alla conquista della “Terra Promessa” sotto la guida del condottiero che succedette a Mosè, ovvero Giosuè, dal quale prende il nome il sesto libro dell’Antico Testamento.
Rimaneva un’ulteriore promessa – esplicitamente ripresa nel Nuovo Testamento in brani quali Atti degli apostoli 3:25, Lettera ai Galati 4:17, Lettera ai Ebrei 11:17-19 –, secondo cui un giorno «tutte le famiglie della terra» sarebbero state benedette spiritualmente grazie all’ubbidienza di Abramo, la cui fede fu messa alla prova in varie circostanze, anche in modo estremo: egli accettò infatti – benché, possiamo immaginarlo, fra mille tormenti interiori – a sacrificare il figlio Isacco su comando di Dio; ma Dio stesso, quando vide che Abramo, pur di essergli fedele, era pronto ad eseguire quell’atto tremendo, lo fermò prima che lo facesse: Genesi 22:12. In base alla promessa di una futura benedizione per tutti, Abramo (il cui nome significa “padre grande”: Genesi 11:26) divenne Abrahamo (“padre di una moltitudine”: Genesi 17:5).
Nella prospettiva cristiana, quest’ultima promessa si è avverata con l’avvento del Figlio di Dio, Gesù Cristo, il Messia – che come uomo, secondo i Vangeli di Matteo 1:2 e Luca 3:34, è discendente da Abrahamo – e con il conseguente annuncio della salvezza alla portata di tutti gli esseri umani di ogni tempo e luogo.
«Andate dunque, e fate discepoli di tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutte le cose che io vi ho comandato. Or ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente. Amen»: è questo l’incarico dato da Gesù agli apostoli nel Vangelo di Matteo 28:19-20, ed è questa la straordinaria “buona notizia” (tale è il significato del termine “Vangelo”, dal greco euangélion) recataci dal Signore.
Nel Vangelo di Giovanni 3:16 leggiamo: «Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna». Già, perché ad Abrahamo fu risparmiato, sì, di sacrificare suo figlio; ma per il perdono dei nostri peccati, e dunque per la nostra salvezza, Dio, come ci ha lasciato scritto l’apostolo Paolo, «non ha risparmiato il suo proprio Figlio» (Lettera ai Romani 8,32). Perciò lo stesso Paolo ha aggiunto: «Se siete di Cristo, siete dunque progenie di Abrahamo, eredi secondo la promessa». Infatti i cristiani sono «alla maniera di Isacco, figli della promessa» (Lettera ai Galati 3:29 e 4:28).
Da tutto ciò possiamo capire perché Gesù disse: «Abrahamo giubilò nella speranza di vedere il mio giorno: lo vide e se ne rallegrò» (Vangelo di Giovanni 8:56). Abrahamo “vide” con gli occhi della fede, cioè con la piena fiducia che la terza promessa di Dio si sarebbe compiuta nel giorno – alla sua epoca ancora molto lontano – della venuta del Messia: Gesù, per l’appunto.
Occorre che i cristiani, oltre ad esprimere, come spesso fanno, i propri variegati pareri nei confronti della realtà islamica (che, con la sua sempre più marcata presenza, sollecita sia l’opportunità sia il desiderio di confrontarsi con essa), riprendano il filo e il senso della fede in Cristo, ricominciando, come nel caso della figura di Abramo, dalle sue radici.
Giugno 2024
Valerio Marchi