Negli ultimi trent’anni, grazie soprattutto alla spinta impressa da papa Wojtyla, abbiamo assistito alla crescita esponenziale del numero di beatificazioni e santificazioni. Tempo addietro, per nominare i santi erano necessari decenni o addirittura secoli dalla morte del personaggio in questione, perché i processi di santificazione andavano molto per le lunghe. Oggi i tempi sono cambiati: si riescono ad accontentare in tempi da record i sostenitori di “candidati” da ogni parte del mondo, nominando i loro beniamini prima beati, e poi santi, a poca distanza dalla loro morte. Emblema del nuovo corso è l’ormai celebre “santo subito” gridato dalla folla ai funerali di papa Wojtyla. Il desiderio, quindi, è di veder diventare santo un personaggio del proprio tempo, qualcuno che faccia parte della storia presente e non del lontano passato. Riteniamo, però, che possiamo essere più ambiziosi di così, non accontentandoci della santità altrui e aspirando a qualcosa di migliore e di diverso: provare noi a diventare santi e subito!
Un clamoroso equivoco
La nostra proposta va vista alla luce dei contenuti del Nuovo Testamento (Vangeli, lettere apostoliche e Apocalisse). In esso infatti ricorre molte volte il termine “santo” come sinonimo di cristiano. Ad onor del vero, va detto che ci sono solo due contesti in cui viene usato il termine “cristiano”, mentre innumerevoli volte i credenti in Cristo si chiamavano tra di loro “santi”.
Leggiamo alcuni saluti dalle lettere agli Efesini, ai Colossesi e ai Filippesi: Paolo, apostolo di Gesù Cristo per la volontà di Dio, ai santi che sono in Efeso e fedeli in Cristo Gesù.
Paolo, apostolo di Gesù Cristo […] ai santi e fedeli fratelli in Cristo che sono in Colosse.
Salutate tutti i santi in Cristo Gesù […]; tutti i santi vi salutano.
La prima cosa che balza all’occhio è che i santi erano persone viventi, in quanto destinatarie delle lettere o mittenti dei saluti. Non si trattava pertanto di persone morte, né di eroi martiri della fede. Chi crede ai santi come a persone defunte da venerare e utilizzare come mediatrici tra sé stessi e Dio, incorre in un errore, in quanto la Parola di Dio non ci dà né comandamenti né esempi di culto dei morti. Inoltre “C’è un solo Dio e anche un solo mediatore tra Dio e gli uomini: Cristo Gesù uomo” (1a Lettera a Timoteo 2,5).
I santi secondo il Vangelo
Chi erano e cosa facevano? Erano persone speciali? Certo che sì! Ma non nel senso più largamente inteso. Erano infatti uomini e donne comuni, che i libri di storia non avrebbero mai nominato. Ma se per la storia ufficiale essi non contavano, erano invece molto importanti per Dio, in quanto avevano scelto di convertirsi a Cristo, distaccandosi dalle logiche e dalle ambizioni tipiche di questo mondo.
A comprendere meglio questo concetto ci aiuta la preghiera di Gesù, tratta dal Vangelo di Giovanni (17,16-17): Essi [i discepoli, cioè i cristiani] non sono del mondo, come io non sono del mondo. Santificali nella tua verità; la tua parola è verità. Il termine santo significa appartato, messo da parte, separato. Tali diventano, rispetto al mondo, coloro che abbracciano la fede cristiana secondo la parola di Dio contenuta nella Bibbia (Vecchio e Nuovo Testamento). Teniamo a precisare che Dio non chiede agli uomini di andare a vivere isolati in un monastero, ma di vivere nel mondo senza appartenervi, perché, dice Gesù, “il mio regno non è di questo mondo” (Giovanni 18,36).
Abbiamo inoltre letto che la parola di Dio è la Verità ed ha il potere di santificare, cioè di rendere santi.
L’invito alla santità, ormai si è capito, non è rivolto ad aspiranti eroi, ma ad aspiranti discepoli di Cristo secondo il Vangelo: come colui che vi ha chiamati è santo, voi pure siate santi in tutta la vostra condotta (1ª lettera di Pietro 1,15). Santi subito si diventa dopo aver ascoltato il Vangelo, preso coscienza dei propri peccati (cioè delle trasgressioni della volontà di Dio), essersi pentiti e poi battezzati (da adulti!), iniziando a camminare come persone nuove, rigenerate (Cfr. Vangelo di Marco 16,16).
L’apostolo Paolo dice alle persone che avevano creduto e ubbidito al Vangelo: siete diventati santi “per spogliarvi, per quanto riguarda la condotta di prima, dell’uomo vecchio […] e per essere rivestiti dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e santità della verità. Perciò, messa da parte la menzogna, ciascuno dica la verità al suo prossimo, […]. Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sul vostro cruccio; […]. Chi rubava non rubi più, ma piuttosto si affatichi facendo qualche buona opera con le proprie mani, affinché abbia qualcosa da dare a chi è nel bisogno. Nessuna parola malvagia esca dalla vostra bocca, ma se ne avete una buona per l’edificazione, secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a quelli che ascoltano. […]. Sia rimossa da voi ogni amarezza, ira, cruccio, tumulto e maldicenza con ogni malizia. Siate invece benigni e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonato in Cristo”. (Lettera agli Efesini 4,22-32).
Questa è la santità secondo Dio!
Santi gli altri o santo io?
Di sicuro è più facile andare in piazza ad osannare un eroe e tornarsene a casa pieni di emozione, lasciando però scorrere immutata la nostra vita, con le stesse miserie, le stesse cattive abitudini, gli stessi peccati di tutti i giorni. Diverso è assumersi le proprie responsabilità e capire che i veri santi non sono né morti né eroi, ma sono vivi e vegeti, consapevoli che la salvezza, la verità, la santificazione, avvengono solo ubbidendo alla parola di Dio e nient’altro! Questa santità è alla portata di tutti, perché Cristo è morto e risorto affinché tutti possano seguire le sue orme, con la prospettiva della vita eterna.
Andrea Miola