«Se tuo fratello pecca contro di te, riprendilo; e se si pente, perdonagli» (Luca 17:3). Che cosa c’entra questa frase di Gesù coi “luoghi comuni” che contestiamo in questa sezione del nostro sito? C’entra, eccome! Non è forse un’idea largamente diffusa quella secondo la quale per essere veri Cristiani si deve perdonare chi ci ha fatto un torto, a prescindere da come costui si comporti dopo il torto stesso? Secondo questo passo biblico, però, e secondo l’insegnamento complessivo della Sacra Scrittura (potremmo infatti citare molti altri passi e contesti biblici in proposito), le cose non stanno proprio così. Gesù dice: «SE SI PENTE». È vero, certo, che il Cristiano deve essere sempre disposto al perdono, deve avere già il perdono nel proprio cuore, vincendo l’odio e la rivalsa a prescindere dai comportamenti dell’offensore; ma il perdono, per essere efficace nei confronti del peccatore, implica che quest’ultimo si penta. Infatti, Gesù dice di invitare al ravvedimento colui che si deve ravvedere («RIPRENDILO»), altrimenti non potrà essere perdonato e non potrà avere rimessi i suoi peccati. Questo, d’altronde, è lo stesso comportamento che Dio tiene con gli uomini: Egli è sempre disposto a perdonare, ma di fatto lo fa solo dinnanzi al concreto, visibile e fattivo ravvedimento dei peccatori. Attraverso il grande profeta Giovanni Battista, ad esempio, l’Onnipotente ci dice: «Fate frutti degni del ravvedimento», ed è per questo che battesimo predicato da Giovanni era «un battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati», al pari del battesimo in Cristo (Luca 3:3.8, 24:47; Atti degli Apostoli 2:38). Quando pecchiamo, se vogliamo essere perdonati da Dio e dagli uomini, e dunque se vogliamo che il nostro peccato sia cancellato, dobbiamo prima pentirci e dimostrare il nostro pentimento. Dall’altra parte, per perdonare il nostro prossimo che ha peccato contro di noi dobbiamo invitarlo al pentimento.
Valerio Marchi