Il divorzio e le nuove nozze alla luce della Scrittura
“L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà con la propria moglie; ed i due diverranno una stessa carne. E così non sono più due, ma una sola carne; quello dunque che Dio ha unito insieme, l’uomo non lo separi … Or io vi dico che chiunque manda via la propria moglie, eccetto in caso di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio; e chi sposa colei che è stata mandata via, commette adulterio” (Matteo 19:5-6.9)
La legge di Mosè prevedeva la possibilità, per il marito, di divorziare dalla moglie in cui si trovasse “qualcosa di vergognoso” (Deuteronomio 24:1-4); l’atto di divorzio consentiva alla donna in questione di sposare legittimamente un altro uomo, e in questo caso il primo marito non la poteva riprendere con sé; ma egli, ovviamente, poteva passare a nuove nozze.
La questione, controversa, che fu posta a Gesù (leggi l’intero contesto di Matteo 19:1-9), è: di che vergogna si tratta? Infatti, estendendo all’inverosimile il concetto, molti, col supporto di esimi rabbini, si ritenevamo autorizzati – ad esempio – a ripudiare una moglie che non sapeva cucinare come essi pretendevano!
I nemici di Gesù cercano così il modo di accusarlo: o per essere – come nel caso appena citato – permissivo (smentendo se stesso) o, all’opposto (ed è più probabile, perché dovevano conoscere il suo rigido insegnamento: Matteo 5:31-32) per essere in disaccordo con Mosè.
Gesù non cade nella trappola. Certo, Dio – molti anni dopo la prima unione – diede spazio ad eccezioni (che comunque dovevano essere molto serie, visto che il termine ebraico indica indecenza, turpitudine!); ma ciò fu fatto per la durezza dei cuori degli uomini (Matteo 19:8), incruditisi e corrottisi nel corso dei secoli: con Mosè non si volle tanto aprire le porte al divorzio, quanto garantire la donna (socialmente debolissima) salvandone l’onorabilità e permettendole di accasarsi di nuovo.
Deuteronomio 24:4, inoltre, chiariva bene che la gravità della questione doveva essere tenuta in massimo conto: si trattò dunque di un argine posto alla allora già presente, dilagante, immorale pratica divorzista, e non di una porta da spalancare a piacimento. Ma Dio ha sempre detto, per bocca dei profeti, che Egli “odia il divorzio” (Malachia 2:14-16), e con Gesù si torna definitivamente al modello originario, proposto all’uomo fin dalla Genesi: ogni unione matrimoniale è indissolubilmente sancita da Dio fino alla morte di uno dei coniugi (cfr. Romani 7:2-3). In vita d’entrambi, solo l’unione con un estraneo (adulterio, fornicazione) la spezza, tradendo l’essere una sola carne (Genesi 2:24); e ciò, sia chiaro, in una posizione di parità fra uomo e donna (Marco 10:11-12 lo chiarisce bene). Per chi vuol far parte del Regno, nessuna altra legge è lecita, a prescindere da ciò che la morale corrotta di questo mondo possa insegnare e permettere con riguardo al matrimonio, al divorzio, alle successive nozze (Ebrei 13:4)! Per chi vuol essere cristiano prima viene la legge di Dio, poi quella degli uomini (cfr. Atti degli Apostoli 4:19, 5:29).